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Un compagno notturno sgradito: il bruxismo

 

Voi siete lì che cercate di prendere sonno, dopo una giornata in cui siate state delle trottole, tra l’ufficio, i fornelli, il corso di yoga, il karate dei figli, e il cane da pisciare (ormai è transitivo, non rompete…. E comunque io sono terrona, e per me è un verbo transitivo alla nascita) e appena chiudete gli occhi e sentite che piano piano il sonno si impossessa delle vostre membra, sentite questo rumore di sgretolamento provenire dalla bocca di vostro marito, come se quelle che avete preparato a cena non fossero morbidissime polpette ma sassi di granito.

Tranquille, può capitare. Non dovrebbe, ma è più frequente di quanto pensiate.

Tranquille, non morirà, o comunque non di questo, e dovreste fargli presente una serie di considerazioni che lui forse ignora.

Il bruxismo, tanto per cominciare col piede giusto, non è una vera patologia, ma una parafunzione, ovvero un’attività che la bocca è in grado di fare, ma che non rientra nelle sue funzioni fisiologiche (voi direste “normali”). Cosa fa una bocca che possa essere considerato normale? Deglutire, mordere, masticare, succhiare, ai fini della sopravvivenza o ludici (fatti vostri quanto tempo investite nell’una e nell’altra attività).

Tutto ciò che esula dalle attività per le quali la bocca è stata progettata, rientra nelle parafunzioni e non è considerato una patologia ma un’attività collaterale.

Insomma… una bocca non dovrebbe asserragliarsi nella notte come se ci fosse un assalto di forze aliene, eppure lo fa. Nemmeno voi dovreste magnarvi un cabaret di paste alla domenica mattina, ma siete benissimo in grado di farlo. Ecco, quella è una parafunzione.

Si configura una parafunzione quando i movimenti, in questo caso dell'apparato stomatognatico (la bocca e i suoi annessi, dai) non sono fondamentali per il corretto svolgimento delle funzioni di quell’organo.

In sintesi nella parola bruxismo rientrano l’abitudine di serrare, stringere, e digrignare i denti in maniera eccessiva, e senza lo scopo di masticare. Queste attività possono essere sia diurne che notturne, ed associarsi ad altre abitudini parafunzionali, quali rosicchiare le unghie, mordicchiare le penne, succhiarsi le dita o altri oggetti. Oggetti. Le parti del corpo non valgono. Non andate dal dentista a chiedere una soluzione per le vostre attività di succhiamento.

Una statistica, che non condivido, ma ve la riporto così com’è, vuole le donne più colpite degli uomini.

Nella mia statistica clinica, il bruxismo è una parafunzione assolutamente più maschile che femminile, intesa nel senso di abitudine a digrignare i denti sia di notte che di giorno e a scartavetrarsi le superfici dentali come fabbri di pessimo umore.

Diversa è invece la ripercussione a livello del distretto cervicale, che è assolutamente appannaggio delle donne, che non si lasciano sfuggire questo primo posto, non foss’altro per potersi lamentare e dire alle amiche “guarda… questa cervicale mi fa morire”.

Esistono fondamentalmente due varianti del bruxismo.

Quello statico (SERRAMENTO) e il bruxismo dinamico (DIGRIGNAMENTO). 

Il serramento è causato da contrazioni inconsce senza movimenti laterali della bocca (senza sembrare delle mucche che ruminano insomma), in genere dovute a stimoli provenienti dal sistema nervoso centrale e si presentano solitamente di giorno. Lo riconoscete perchè anziché avere la bocca semiaperta e le arcate dentarie distanti qualche millimetro l’una dall’altra, sentite una forza magnetica che vi costringe a tenere le arcate in stretto contatto tra loro, e se questa abitudine la conservate anche nella notte, al mattino vi svegliate con la sensazione di essere stati picchiati da un campione di pugilato. 

Il digrignamento invece è dovuto a stimoli che originano dal sistema nervoso periferico (non dal cervello, insomma, ma da stimoli collaterali), si manifesta anche con movimenti laterali, ed è dovuto sia a cause psicologiche che a stress fisici. E’ tipicamente quello che compare durante il sonno e genera quel rumore di fabbrica metalmeccanica in piena attività.

Entrambe le forme di bruxismo si manifestano come contrazioni muscolari, che possono presentarsi in maniera sporadica (ve ne accorgete quando siete molto stanche) o in maniera continuativa per lunghi periodi. Tali contrazioni provocano una intensissima attività anche occlusale, sviluppando forze molto elevate e senza controllo, tali da determinare microtraumi in tutto l'apparato stomatognatico. I danni possono riguardare i muscoli, con crampi o contratture e dolore per l'eccessivo affaticamento (i muscoli colpiti da questi spasmi diventano sempre più rigidi fini ad arrivare ad una vera e propria limitazione nei movimenti con delle vere disfunzioni), i denti stessi con faccette di usura, rottura di otturazioni o corone, o dolori articolari. 

Come ci si rende conto di essere affetti da bruxismo (voglio dire, senza per questo imbottire la mia casella di posta di messaggi di difficile interpretazione)?

Probabilmente soffrite di emicranie o cefalee, rumori articolari, limitazione al movimento della mandibola, dolori ai muscoli della bocca, dormite di un sonno non ristoratore con senso di fatica al risveglio, rumori di digrignamento notturno, segni di usura dentaria, denti mobili, o spostati, vostro marito che vi sente sgranocchiare qualcosa mentre dormite e quel qualcosa sono i vostri denti, fino ad arrivare alle apnee notturne (che meritano un capitolo a parte).

Come si interviene?

Si interviene con saggezza, esperienza e sapienza.

Soluzione uno (il facilone): “Nessun problema, gli facciamo un bel bite”. Due sedute e fine del problema (peccato però che il marito continui a digrignare, anche peggio di prima).

Soluzione due (il drammaturgo): “Eh… non c’è soluzione, quello è un problema psicosomatico. Gli faccia prendere due gocce di Xanax e vedrà che non digrigna più” (il marito magari non digrigna più ma sogna di uccidere i draghi a morsi e prima o poi addenta il capufficio, in preda a un raptus).

Il bruxismo può essere molto più banale di così, o molto più complesso. 

La regola fondamentale è sempre quella di osservare e studiare un paziente bruxista in tutte le sue manifestazioni, statiche e e dinamiche, e soprattutto di valutarlo nella sua interezza: la postura della sua schiena, lo stato dell’occlusione, il lavoro che svolge, l’eventuale concomitanza di patologie fibromialgiche, la sua tendenza a reprimere la rabbia, la presenza di lavori odontoiatrici progettati male e realizzati peggio, la mancanza di denti, la carenza di minerali implicati nella contrazione muscolare, e tutto il resto che un dentista competente considera a lungo prima di avviarsi a curare un caso di bruxismo.

Molto spesso la terapia pratica finale delle parafunzioni si concretizza in una placca di riposizionamento mandibolare, un bite ortotico, accompagnato dal ripristino delle condizioni di salute orale e talvolta da un buon supporto extraodontoiatrico (che non vuol dire necessariamente psicologico).

La placca, se progettata cum grano salis e realizzata di conseguenza, ha molteplici funzioni: terapeutica per il paziente e diagnostica per il dentista. In più consente di interrompere il nefasto meccanismo che ha condotto, molto spesso, allo sgretolamento dei denti. 

Un bite che sia degno di questa definizione è in grado di determinare una riprogrammazione neuromuscolare di tutto il distretto orale e di quello cervicale, e di porre fine alla parafunzione senza innescarne di collaterali (non è raro che alcuni pazienti con bite realizzati male smettano di bruxare ma comincino a camminare storti).

Un bite che si rispetti solitamente va applicato all’arcata inferiore, che è la parte mobile, che articola contro quella fissa (che è la mascella, nel cranio) e programmato in modo da correggere sia la malocclusione che la mancanza di spazio che è tra le prima cause di innesco di una parafunzione (ma queste cose le sa anche Gastone, il mio gatto scemo, quindi mi pare di stare esagerando con queste informazioni spicciole).

Ciò non toglie che ogni caso vada analizzato a sè, considerando ogni dettaglio nel paziente che dovrà fare utilizzo della terapia gnatologica (sono rari i casi di bite superiori, ma ci sono anche quelli, quindi non esiste una regola universale).

Nei casi in cui ci sia una sovrapposizione tra sintomi orali e manifestazioni muscolari in distretti lontani, è molto importante la collaborazione con osteopati e fisioterapisti che abbiano la mente orientata nella stessa direzione del dentista, e nel complesso la riabilitazione globale ha una percentuale di successi molto maggiore.

Ovviamente se pretendete di andare da un fisioterapista che cura a malapena un alluce valgo, indossando un bite realizzato senza alcun criterio da un dentista a caso, non avete grandi possibilità di risolvere il vostro problema di digrignamento notturno. 

Dopo questa spiega sintetica e anche troppo riduttiva del bruxismo, avrete in mente una valanga di domande, perchè siete certe di avere qualcosa da chiedermi, perchè tanto tutti hanno avuto una volta nella vita qualcosa da chiedere a un dentista, e non lo hanno mai fatto.

Prima che vi sprechiate in osservazioni e domande che cadranno nel vuoto, ve ne elenco una serie che non dovete manco sognare di farmi:

  • Il mio dentista mi ha fatto un byte (si scrive BITE) ai denti di sopra, va bene lo stesso?
  • I bite non funzionano perchè io ne ho uno e non ho risolto niente
  • mio marito non vuole farlo ma la notte sento che fa rumore coi denti, come posso fare?
  • nel mio caso il problema è psicologico quindi il bite non posso farlo, in compenso prendo venti gocce di Minias ogni sera
  • eh, ma come… duemila euro per un pezzo di plastica? (ecco… questa proprio cancellatela dal vostro sistema di memoria)
  • Io ne avevo uno, di bite, ma siccome non riuscivo a portarlo non l’ho mai usato, e il dentista dice che la mia bocca lo rifiuta